- Monica Paggi
Thailandia & Cambogia
Dal 4 luglio al 1 agosto 2017, cronaca di un viaggio in Asia zaino in spalla.
Anche questa volta scegliamo di volare con la Qatar Airways, un’ottima compagnia con la quale letteralmente il viaggio vola! Sedili comodi e spaziosi (soprattutto per le lunghe gambe di Mirko) e monitor personali con vastissima scelta di film ed intrattenimenti. Cibo squisito. Partiamo da Milano Malpensa alle 22.30 e dopo uno scalo a Doha arriviamo a Bangkok alle 19.00 ora locale (+ 5 ore rispetto al nostro orario).
Pernottiamo per 4 notti al Rambuttri House, poco distante dal fiume Chao Phiraya. È la prima volta per me a Bangkok e ne resto veramente impressionata. Tantissima gente, frenesia, traffico indescrivibile e cavi elettrici penzolanti ovunque che saranno una costante anche in Cambogia.
Clima caldo e umido.

In Asia hanno molta fantasia per i mezzi di trasporto, riescono ad assemblare veicoli mai visti in occidente.

C’è la diffusissima tendenza ad andare sulle motorette anche in quattro o cinque, praticamente intere famiglie con tanto di bambini piccoli tenuti in braccio o sistemati a sandwich fra gli altri.

Anche la merce viene trasportata nelle modalità più creative.



Il veicolo più diffuso per i turisti è il tuk-tuk, che nel corso degli anni si è motorizzato. Una volta questa specie di carrozzina veniva trainata dalla bicicletta, oggi sostituita dalle motorette.

Ne prendiamo uno per raggiungere il grande monastero buddista di Wat Pho, nel distretto di Phra Nakhon. All'interno vi è un’enorme statua di Buddha sdraiato, lunga ben 46 metri ed alta 15. Il corpo è rivestito d’oro e i piedi decorati in madreperla. Un vero spettacolo.

Anche il resto del tempio è affascinante, pieno di Buddha dorati, statue ovunque ed edifici decoratissimi.
È il luogo in cui è nato il massaggio thai.


Rientrando via fiume prendiamo il primo acquazzone, è normale dato che siamo nella stagione monsonica. Le strade si allagano in poco tempo, in alcuni punti ci sono 10 cm di acqua. Per i thai sembra non essere assolutamente un problema, continuano a muoversi senza nemmeno utilizzare gli ombrelli, inzuppandosi completamente. Convivendo con abbondanti piogge per la metà dell’anno hanno evidentemente stretto amicizia con l’acqua.
Per cenare scegliamo la zona un po’ più tranquilla di Kao San Road. Ci sono mercatini dei più svariati oggetti e vestiti, centri che offrono massaggi thai e soprattutto tanto cibo: frutta esotica, stuzzichini e volendo, si possono addirittura assaggiare spiedini con scorpioni, insetti o tarantole! Avendo una dieta molto più leggera della nostra, basata prevalentemente sul riso e le verdure, gli asiatici mangiano in continuazione. Uno su due gira con un sacchettino contenente qualcosa da spizzicare.
Dedichiamo una giornata alla visita della zona più moderna, Siam, piena di grattacieli e centri commerciali, come l’MBK Center. Ci sono strade a più livelli e dal basso sembra di trovarsi in mezzo ad enormi montagne russe di cavalcavia che si incrociano



Per il rientro fatichiamo a trovare un mezzo, c’è così tanto traffico che i taxisti letteralmente si rifiutano di portarci a destinazione, resterebbero intasati per chissà quante ore. Per fortuna ci sono sempre i tuk-tuk, attrezzati anche in caso di pioggia con pareti impermeabili srotolabili. Infatti arriva l’ennesimo monsone.
Per il rientro fatichiamo a trovare un mezzo, c’è così tanto traffico che i taxisti letteralmente si rifiutano di portarci. Per fortuna ci sono sempre i tuk-tuk, attrezzati anche in caso di pioggia con pareti impermeabili srotolabili. Infatti arriva l’ennesimo monsone.
Con un bus andiamo a visitare Ayutthaya, poco distante da Bangkok. Vediamo un altro enorme Buddha sdraiato, questa volta è in pietra e disteso in mezzo ad un prato. Attrazione principale, oltre alla famosa testa di Buddha avvolta dalle radici il cosiddetto Buddha tree, è il tempio di Wat Phra Sri Sanphet.



Il 9 luglio ci spostiamo in Cambogia, ne abbiamo già abbastanza della caotica Bangkok.
Il bus è cambogiano, pulito e curato con graziosissime tendine abbinate ai poggiatesta.

Qualche manovra per passare la frontiera e poi sembra di essere di essere in un altro mondo: niente marciapiedi, odori particolari, tanti bambini che giocano con quello che hanno a portata di mano.
L’atmosfera però già mi piace moltissimo, c’è qualcosa di pacifico, rilassante e buono nell’aria. In serata siamo a Siem Reap, al Cashew Nut Guest House, gestito dal gentilissimo Steve, un inglese che dopo molti altri viaggi si è trasferito in Cambogia.

Mirko che c’era stato l’ultima volta 5 anni fa, trova Siem Reap completamente trasformata. Hanno addirittura creato la Pub’s Street, piena di locali ed intrattenimenti per i turisti. Mi sarebbe piaciuto vederla prima, quando ancora era una vera, piccola cittadina accanto alle rovine di Angkor Wat. Ma è il prezzo che si paga per quel progresso che sta purtroppo omologando il pianeta. Sentiamo in continuazione il tormentone dell’estate Despacito e realizziamo che tutti possiedono uno se non più smartphone. Non sottomarche, proprio Ipod. Il traffico anche qui è impressionante, la via sotto la nostra stanza si calma soltanto fra le 2 e le 4 del mattino. Per il resto è un fiume costante di macchine, motorette e tuk-tuk. Quando piove invece, si creano enormi pozze d’acqua che scavano il terreno e rendono difficoltoso il transito in particolare ai tuk-tuk. Assolutamente necessarie le infradito, qualunque altro tipo di calzatura si inzupperebbe e con il clima umido tutto fatica ad asciugare.
Finalmente arriva il grande momento: la visita ad Angkor Wat, è il motivo per cui ho chiesto a Mirko di tornarci ancora una volta (per lui la quarta). La prima volta che ho visto immagini di Angkor è stata sul libro di Graham Hancock Lo specchio del cielo una ventina di anni fa. Da allora ho sempre saputo che prima o poi ci sarei stata. È un luogo incredibile. Scegliamo il biglietto di tre giorni, l’area è vastissima e in un giorno se ne può avere soltanto un assaggio. Ci eravamo alzati presto per l’alba, purtroppo però è difficile averla nella stagione monsonica, ci sono sempre molte nubi in cielo. È stato comunque suggestivo veder arrivare la luce del giorno nel silenzio di un posto senza tempo, al Sras Srang. Nel frattempo all’interno della piscina alcuni cambogiani stavano tirando su le reti con dei movimenti così lenti ed aggraziati che sembrava una danza.


Il nostro amico del tuk-tuk ci ha sempre accompagnati per tutti e tre i giorni. È il fratello di Jo, il simpatico cambogiano che ci aveva accompagnati all’hotel appena scesi dal bus poco prima di Siem Reap. Funziona sempre così: i turisti vengono lasciati a qualche chilometro dal punto di arrivo, in modo che i tuk-tuk possano lavorare e trovare qualche ingaggio anche per i giorni seguenti. Jo alla fine ha lasciato il lavoro che già gli avevamo commissionato al fratello, che aveva da poco avuto il primo bimbo ed era meno estroverso di lui nell’avvicinarsi ai turisti.
Ci facciamo portare ad Angkor Wat, dato che è ancora presto e gli altri templi aprono solo alle 7.30. Non c’è troppa gente, Mirko resta stupito perché ricordava il pienone di bus cinesi soprattutto ad Angkor Wat, ma siamo fuori stagione e questo ci permette di visitare le rovine indisturbati. Non è possibile descrivere la sensazione che quel tempio trasmette, senti che c’è qualcosa di misterioso ed estremamente superiore coinvolto con la costruzione di quel sito.

Proseguiamo poi per Angkor Thom, dove si trova anche il famoso Bayon. I faccioni scolpiti nella roccia sembrano seguirti con lo sguardo.

Il secondo giorno alle rovine ci troviamo addirittura soli in alcuni siti. Piove un po’ nel primo pomeriggio ma questo rende l’ambiente ancora più suggestivo.

Scopro che all’interno del parco archeologico vivono moltissime famiglie, ci sono tante case costruite su palafitte e anche scuole. Tantissimi bambini, alcuni dei quali già lavorano fra le rovine a vendere cartoline, braccialetti ed altri souvenir. Sono tutti sorridenti e per niente stressati. Mi piacciono davvero tanto questi “cambogini”!

Ci prendiamo qualche giorno di riposo in più del previsto a causa di un mio temporaneo malore che ci tengo a dirlo, è stato causato dalla crema di una brioche occidentale mal conservata... Il cibo asiatico è assolutamente buono e molto più salutare del nostro.
L’ultimo giorno di visita nel parco archeologico ritentiamo l’alba ad Angkor Wat ma niente neanche stavolta. Poi facciamo un lungo viaggio di un paio d'ore con il tuk-tuk, per raggiungere i siti più lontani e Ben Mealea. Ne vale davvero la pena. Là molti templi sono crollati e le montagne di pietre giganti crollate ti fanno sentire proprio come Indiana Jones!

Per riposare un po’ i piedi ci fermiamo di tanto in tanto per un buon cocco fresco da bere. Lo aprono al momento praticando un’apertura con una piccola accetta ed infilandoci una cannuccia, è buono, dissetante e salutare.
Prima di lasciare Siem Reap, dedichiamo una giornata alla visita di un villaggio galleggiante. Il bus ci porta fino alla riva del fiume che poi sfocia nel Tonle Sap, il più grande lago di acqua dolce del sud-est asiatico. La sua caratteristica è di essere vivo e pulsante. Quando a monte del fiume Mekong (che parte in Cina e fa da confine fra Laos e Thailandia) c’è la stagione delle piogge, il fiume Tonle Sap scorre verso il lago omonimo; viceversa quando la stagione delle piogge è in Cambogia, il lago Tonle Sap riversa le sue acque nel Mekong. In pratica a seconda della stagione il fiume Tonle Sap scorre prima in un verso e poi nell’altro. Il villaggio è impressionante, le palafitte sono altissime e le case completamente aperte su un lato. Passeggiando per le vie a terra, vediamo anche una scuola.


Quando torniamo in barca e ci dirigiamo a visitare la foresta galleggiante, mi colpisce una donna che sulla sua barca in attesta di accompagnare i turisti fra gli alberi remando, con tanto di abbigliamento tipico e cappello di paglia in testa, passa il tempo con la testa china sul suo smartphone. È qualcosa di estremamente stridente che invade e disturba un luogo ancora così pacifico come quello. Ormai il virus della testa abbassata sul monitor si è diffuso su tutto il pianeta.

Con 5 ore di bus da Siem Reap arriviamo a Battambang. Ormai abbiamo deciso di cambiare il nostro itinerario, che prevedeva su un mese soltanto una decina di giorni in Cambogia e il resto del tempo sulle isole meridionali della Thailandia. La Cambogia ci piace così tanto che vogliamo continuare ad esplorarla e anche Mirko ha voglia di andare a scoprire posti in cui negli anni passati non era stato.
Alloggiamo al Royal Hotel, che ha una bella jacuzzi sulla terrazza all’ultimo piano. Non c’è niente di meglio dopo una giornata a camminare con il clima caldo umido, di un bel bagno in vasca o piscina!
Conosciamo una coppia tedesca, lui fa un lavoro davvero molto particolare: gira il mondo a caccia di ragni.
Un altro tuk-tuker ci accompagna per un’intera giornata fra templi, montagne e grotte nelle quali solo poche decine di anni fa si è consumato il genocidio cambogiano. Scopriamo che intere famiglie erano costrette ad assistere alla morte del loro capofamiglia, che veniva gettato giù nelle grotte. Chi non riusciva a sostenere la vista di quell’orrore, faceva la stessa fine.

Per approfondire l’argomento c’è un libro scritto da Tiziano Terzani che ha vissuto e seguito in prima persona quei tristi eventi: Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia.
Assistiamo ad uno spettacolo unico: l’uscita di milioni di pipistrelli dalla grotta al tramonto, che dura più di un’ora.

Il giorno seguente mentre aspettiamo il bus di linea per la capitale Phnom Phen, vediamo qualcosa di particolare: un uomo ha appena catturato un serpente e lo sta cucinando a vivo sul fuoco.

Poco dopo una simpatica venditrice posiziona la sua bicicletta con cestino pieno di leccornie da vendere per il viaggio: larve e insetti da gustare come fossero chips.

Anche la capitale è esponenzialmente cresciuta. Molti giovani infatti stanno tendenzialmente lasciando le campagne per andare a vivere in città. Phnom Phen è ormai letteralmente intasata di traffico e non si può dire che sia un posto piacevole. Per di più pioveva quando siamo arrivati e così il giorno dopo siamo subito ripartiti per Shianukville, sul mare. Da lì con una nave veloce abbiamo raggiunto l’incontaminata isola di Ko Rong. Sarebbe stato un vero paradiso col sole, purtroppo proprio in quei giorni un tifone in Vietnam ha provocato costante maltempo. Ci siamo goduti i pochi momenti senza pioggia. L’isola era davvero selvaggia.

Lo spettacolo più bello è stato quello del plancton bioluminescente. Il mare è infatti ancora così pulito da permettere la sopravvivenza di un particolare tipo di plancton bioluminescente visibile di notte; muovendosi in acqua al buio ci si sente immersi nella luce.
Il bungalow che abbiamo scelto all’Ocean View era davvero suggestivo, aveva tutte le pareti in vetro. Su tutta l’isola si trovava buon cibo e la sera i concerti di rane e rospi erano veramente suggestivi.
Visto che il tempo non voleva saperne di migliorare, abbiamo deciso di passare gli ultimi giorni a visitare un’altra zona selvaggia e siamo tornati sulla terraferma in direzione Ko Kongche abbiamo raggiunto con un viaggio in bus di circa 5 ore da Shianoukville. .
Una bella escursione quasi privata (eravamo soltanto due coppie), ci ha portati in barca lungo il fiume per poi camminare nella giungla e raggiungere suggestivi view point e un incredibile sito incontaminato con splendide cascate.

Il viaggio è ormai quasi alla fine e il giorno successivo rientriamo in Thailandia passando per la frontiera di Trat.

Da lì un taxi ci porta a Pattaya, ultima sosta prima del volo di rientro.

tutte le foto sono state scattate da Monica Paggi
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